viernes, 2 de mayo de 2014

1 maggio 2014 - arcipelaghi postesotici

sulla punta
 
oggi è tornato Dicko. Ci ha raccontato di una volta che gli hanno detto che era exotique. Stava parlando con una ragazza francese e c’è stato un malinteso. Dicko diceva grammaire ma l’altra capiva grandmère
"Tu veux dire quoi? Grand-mère?!"
"Grammaire!"
"Toi, t'es exotique!"
"Ça veut dire?"
"Tu arrives pas à sortir les bons sons!"

La lingua è un organo sensibile alle origini e alle trame.
In Europa abbiamo imparato la distinzione gerarchica tra lingue locali e nazionali, le regole di egemonia tra lingue nazionali. Ci ritroviamo oggi a parlare l'italiano, il francese, lo spagnolo, l'inglese, le lingue delle colonizzazioni.
In velluto rosso scuro e pizzo rosa rappresentiamo tutti i linguaggi che non si traducono nella scrittura, i neologismi e modi di dire che nascono dall'incontro con le lingue che non conosciamo. Tutti questi suoni insieme fanno risuonare l'arcipelago.

Sull'isola QUI abbiamo cucito una bocca vulcanica con sette lingue tra il raso rosso e il pizzo giallo. Le isole postesotiche parlano più lingue che possono per raccontarsi in modo indipendente. Per umettarsi le labbra. Per leccarsi le ferite. 

Le lingue succhiano, si sovrappongono, si dominano, si sfidano. Le isole postesotiche non parlano sempre delle lingue comprensibili ma si sforzano, si tirano l’una verso l’altra.
Sull'isola TROUVE abbiamo cucito decine di lingue accanto alle pance. Perché quello che viene dalla pancia, deve essere leccato per stare al mondo. 
alba allo Shakirail

1 comentario:

Anónimo dijo...

Ancora una volta bisogna avere davanti agli occhi lo spettacolo deplorevole di certe repubbliche dell’America latina. Con un colpo d’ala gli uomini d’affari degli Stati Uniti, i grossi banchieri, i tecnocrati sbarcano “ai tropici” e per otto dieci giorni sprofondano nella dolce depravazione offerta dalle loro “riserve”.

Frantz Fanon